Come l’attività fisica diminuisce la spesa pubblica

In questi mesi di chiusura spesso ci siamo sentiti definiti come “non necessari”. Le palestre e le

piscine sono rimaste chiuse 7 mesi, ritenendole pericolose.

Che le palestre e il mondo del fitness in siano tutt’altro che superflui è un dato di fatto, lo dice la ricerca scientifica, lo dice l’OMS, lo dice il buon senso.

L’attività fisica regolare è certamente utile nel migliorare il sistema immunitario e nel ridurre il sovrappeso, causa per altro connessa con la gravità della sintomatologia, con la maggiore probabilità di finire in terapia intensiva in caso di contagio, e perfino con maggiori difficoltà nelle manovre stesse che vengono svolte per la ventilazione meccanica. Da anni cerchiamo di trasmettere questi vantaggi indicando anche il risparmio in termini economici a livello sanitario se la pratica sportiva venisse svolta con serietà e assiduità. Ma quanto si potrebbe risparmiare?

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Cercheremo di spiegare in estrema sintesi ma corre l'obbligo di una piccola premessa.

In Italia il numero di persone che annualmente vengono colpite da infarto del miocardio è di circa 120.000 (fonte: medici cardiologi ospedalieri), numero che è in crescita al punto che, secondo la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare, potrebbe raddoppiare nei prossimi anni. La principale causa dell'infarto è la sedentarietà associata a sovralimentazione con tutte le conseguenze che ne derivano e che non è questa la sede per approfondire. Ciascun infartuato costa al Servizio Sanitario Nazionale una media di 7.450 euro (fonte: corriere.it). Il dato fa riferimento al 2008, è quindi facile ipotizzare che il costo sia aumentato. Anche qualora non lo fosse, la spesa totale sarebbe pari a 894 milioni di euro, centesimo in più centesimo in meno, che ogni anno grava sul servizio sanitario.

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A questo occorre aggiungere un altro dato: ciascun soggetto colpito da infarto sicuramente si assenterà dal lavoro per almeno 15 giorni (è evidente che sarà un periodo mediamente più lungo), anche tenuto conto che l'incidenza dell'infarto è prevalente nella fascia di età dai 35 ai 65 anni. Ipotizzando che il 70% di chi è colpito da infarto sia regolarmente occupato, significa una ulteriore perdita in termini economici di almeno altri 60 milioni di euro. A questi sono da sommare i farmaci per il trattamento post infarto, eventuali spese per complicanze e recidive, che non è altrettanto semplice calcolare. Ma è certamente intuibile che la spesa totale lievita moltissimo, andando ad accresce quella che è già la prima fonte di uscite per il Paese, vale a dire la spesa sanitaria.

Essendo la sedentarietà una delle principali concause dell'infarto, la logica conseguenza è che stimolare gli Italiani a seguire una regolare pratica sportiva porterebbe come diretta conseguenza una diminuzione drastica nel numero degli infarti, e come se non bastasse produrrebbe vantaggi anche nel medio e lungo periodo. Ipotizzando anche solo un dimezzamento del numero di eventi, il risparmio totale per le casse dello Stato sarebbe già pari a 477 milioni di euro.

La cifra realmente risparmiata sarebbe enormemente maggiore tenuto conto delle spese che vengono sostenute nel medio lungo periodo a seguito di un così grave evento (secondo il SIPREC gli infarti determinano attualmente una spesa di 3 miliardi e mezzo di euro, risparmiarne anche solo il 30% significa oltre 1 miliardo di euro in meno spesi dallo Stato, ovvero dai contribuenti)

Occorre tener presente anche il costo sociale di altre situazioni riconducibili all'essere sedentari, per esempio l'obesità, il sistema sanitario nazionale sborsa ogni anno oltre 22 miliardi di euro (fonte: ilsole24ore.com). Risparmiarne anche solo la metà sovvertirebbe completamente il rapporto, in favore dei benefici economici.

I dati, calcolato oggi, e considerate le altre patologie sono solo maggiori. C’è il problema però, oggi come allora, che politicamente fa più scena segnalare i nuovi posti letto creati negli ospedali, che a quante persone si è evitato di occuparli.

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Ricordiamoci sempre che l’attività fisica ha queste virtù a patto che venga svolta con regolarità già da tempo, non è una terapia di immediata efficacia, quindi non è iscrivendosi in palestra domani che si avrà un sistema immunitario più forte tra 7 giorni (e questo non significa certo che non fareste bene a iniziare anche subito l’allenamento). Inoltre le raccomandazioni dell'OMS sull'attività fisica prevedono ALMENO 30 minuti di attività giornaliera, ma è una raccomandazione che potrà sicuramente andar bene per gli over-70 ma non per quelli tra i 15 e i 70 anni. In quel caso il tempo da dedicare all'attività fisica dovrà sicuramente essere maggiore ai 30 minuti al giorno.


Le palestre e le piscine vanno quindi chiuse? No, semmai andrebbero intensificati i controlli affinchè (come in altri settori) tutto si svolga come dovrebbe, ma indebolire un segmento economico che ha ricadute sulla salute non è una scelta saggia.

Fonte:  Dottor De Pascalis Pierluigi